
Condividere gli screenshot di una chat privata senza il consenso dell’interlocutore è illegittimo.
La segretezza della corrispondenza alla quale sono equiparabili i messaggi di una chat privata è un diritto inviolabile garantito dalla Costituzione che all’art. 15 dispone: “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili” (sul punto anche la Giurisprudenza, si veda la sentenza del Tribunale di Parma del 7 gennaio 2019 n. 237).
Nel caso in esame la prima cosa da fare, naturalmente, (dopo aver raccolto le prove) è contattare chi ha effettuato il post e chiederne la rimozione.
Se il post non viene rimosso si può contattare il Social network segnalando il post e chiedendone la rimozione.
Se ancora questo tentativo risultasse vano qual è la tutela giuridica ?
Poiché una chat privata contiene sempre dati personali (minimo il nome di chi ha inviato il messaggio) è possibile proporre reclamo all’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, la quale oltre a poter irrogare una sanzione amministrativa al responsabile della violazione della normativa sulla privacy potrà ordinare la rimozione del post allo stesso.
In alternativa, ci si potrà anche rivolgere al Giudice ordinario e se ne sussistano i presupposti (in particolare se sussistano esigenze di urgenza) si potrà anche ottenere un provvedimento cautelare che ordini la rimozione del post.
E’ possibile richiedere il risarcimento del danno?
Se si ritiene di aver subito un danno sia patrimoniale che non patrimoniale (morale) è possibile richiedere il risarcimento del danno per trattamento illecito di dati personali al Giudice ordinario.
Occorrerà sempre la prova del danno e della sua entità nonché degli altri elementi previsti dalla legge (la condotta dolosa o colposa, il nesso di causalità, l’ingiustizia del danno).
La Corte di Cassazione ha stabilito che il risarcimento del danno morale per trattamento illecito di dati personali, che può essere risarcito anche nel caso in esame, non è “in re ipsa”, ovvero non discende automaticamente dalla violazione della normativa sulla privacy ma occorre la prova del danno ed occorre anche che la “gravità ” della lesione e la “serietà” del danno (v. Ordinanza della Corte di Cassazione n. 17383/2020).
Inoltre, a seconda del contenuto del messaggio pubblicato e del messaggio nel post, nel caso in cui venga offesa la reputazione del mittente, si potrà anche configurare il reato di diffamazione (secondo la giurisprudenza prevalente aggravata dal mezzo di comunicazione, infatti la stessa giurisprudenza equipara la diffamazione a mezzo di social network alla diffamazione a mezzo stampa, che costituisce un’aggravante del reato di diffamazione e che è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a 516 euro (v. Cass. pen. N. 7904/19, Cass. pen. N. 8328/2015).
In questo caso si potrà promuovere il procedimento penale sporgendo querela entro 3 mesi dalla commissione del reato e, sussistendone i presupposti, l’Autorità Giudiziaria potrà disporre anche il sequestro preventivo della pagina del social network relativa e, quindi, ordinare al Social Network di provvedere all’oscuramento della stessa (v. Cass. pen. 21521/2018).
In questo caso, con riferimento alla richiesta di risarcimento del danno, la stessa potrà essere proposta nel procedimento penale costituendosi parte civile. In alternativa, per richiedere il risarcimento del danno si potrà adire anche solo la sede civile.
Peraltro, anche in caso di consenso deve essere sempre fornita l’informativa prevista dalla legge relativa al trattamento dei dati personali e per la pubblicazione di messaggi che rivelino particolari categorie di dati personali- tra i quali: dati relativi alle opinioni politiche, alle convinzioni religiose, alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale – il consenso deve essere dato per iscritto. Diritto alla privacy Diritto alla privacy Diritto alla privacy
Avv. Salvatore Astuto